venerdì 22 aprile 2016



COMMENTO AL D.E.F.
(DOCUMENTO ECONOMICO-FINANZIARIO del Governo)

La scarsa qualità programmatoria del DEF tradisce l'inefficacia delle politiche economiche e finanziarie realizzate in questi due anni.   Il Governo ha messo in campo una serie di politiche che avrebbero dovuto sostenere la ripresa, abbassare la pressione fiscale, sostenere i redditi medio bassi, ma anche molte riforme "epocali" come la riforma fiscale, la riforma del mercato del lavoro e la riforme sulla pubblica amministrazione.  A consuntivo, però, i dati dimostrano che tutto l'impianto realizzato ha prodotto effetti di mediocre rilievo e ci troviamo di fronte ad una volontà politica che non ha alcuna intenzione di cambiare passo, ma, al contrario, vuole perpetuare gli errori già fatti, limitandosi ad aggiustare qualche decimale tendenziale.  Questo DEF non ha né la forza né l'autorevolezza per delineare una strategia di crescita, di sviluppo e di occupazione sia pure di medio termine.  Continuiamo a trovarci di fronte ad una politica fondata sulla svalorizzazione del lavoro e dei diritti del lavoro in perfetta coerenza con la Legge di stabilità, e con le parole chiave adottate da questo Governo, convinto che per innescare la crescita e risollevare le sorti economiche del Paese servano svalutazione competitiva del lavoro e contrazione dell'intervento pubblico nell'economia.

I dati sull'occupazione, incoraggiati dalla percentuale di trasformazione dei contratti da
tempo determinato a tempo indeterminato, sono l'effetto di un mix di misure che vanno dall'abbassamento del costo del lavoro, alla deducibilità di tale costo dalla base imponibile IRAP, alla decontribuzione. E' evidente che questo mix non è destinato a produrre effetti di lungo periodo (se non sulle minori entrate dell'inps per gli esoneri contributivi!), e tanto meno un concreto aumento dei posti di lavoro, per cui non ha nulla a che vedere con la modifica strutturale di cui ha bisogno il nostro mercato del lavoro per attivare un processo virtuoso sulla domanda interna, la coesione sociale, la distribuzione del reddito.
Tutta l'azione di revisione della spesa si fonda, per stessa ammissione del DEF, sul lavoro pubblico, e su un taglio progressivo delle risorse che investe i contratti, la produttività, la formazione, e cancella ogni possibilità di far crescere le competenze, l'innovazione, l'organizzazione e la qualità dei servizi. La previsione per il prossimo quinquennio, nella sostanza, risulta ancor più gravosa nei confronti dei lavoratori in quanto si preannuncia un ulteriore inasprimento delle misure relative al turn over, un decremento di spesa 2017/2018 per redditi da lavoro per la pubblica amministrazione dello 0.8 nel 2017 e dello 0,2 nel 2018. Sotto questa luce, non risulta positiva nemmeno la previsione della vacanza contrattuale nel triennio 2019/2021.
La previsione nel conto consolidato di cassa per le amministrazioni centrali individua una flessione di oltre un miliardo tra il 2016 e il 2019 nei pagamenti correnti per il personale in servizio. Se ci soffermiamo sugli effetti prodotti dalle disposizioni della legge di stabilità 2016 sull'indebitamento netto della Pa, ci accorgiamo che a fronte di una previsione di 300 milioni di Euro destinata ai rinnovi contrattuali di tutto il personale del settore Stato dal 2016 al 2019, il rientro, in termini di maggiori entrate fiscali e contributive, per la stessa voce e lo stesso periodo è quantificata in 146 milioni di Euro. In altre parole, l'investimento, già molto esiguo, rientra per circa la metà nuovamente nelle casse dello Stato. Si delinea cosi una situazione nella quale difficilmente si potrà parlare di rinnovo contrattuale prima del 2020, nonostante siano già 7 gli anni di blocco contrattuale sopportato. E se si considerano i dati che riguardano il fondo per la contrattazione di secondo livello si può notare come il fondo rappresenti una maggiore entrata per lo Stato pari a 1.335 milioni di Euro dal 2016 al 2019, a fronte di una minore entrata per effetti fiscali, negli stessi anni, di 285 milioni di euro.
In entrambe le situazioni il ritorno economico dell'azione preventivata rappresenta vantaggi più che raddoppiati rispetto all'esborso da considerare e blocco della contrattazione nazionale e integrativa, blocco delle progressioni economiche e blocco del turn-over sono, invece, un onere a totale carico del lavoro pubblico, che ha perso ogni possibilità di rivestire un ruolo determinante come volano di sviluppo, di consumi, di investimenti di cui il Paese ha bisogno.
In base ai dati del DEF le voci più rilevanti nel processo di revisione della spesa sono rappresentate dai tagli degli stanziamenti dei Ministeri (si prevede un riduzione selettiva della spesa dei ministeri pari a 7, 1 miliardi e un ulteriore riduzione delle spese correnti per gli enti di previdenza e assistenza sociale di 53 milioni), dal contributo delle autonomie territoriali e dalle disposizioni di razionalizzazione dell'acquisto di beni e servizi che incidono sulle amministrazioni centrali, sulle Regioni sugli enti pubblici non territoriali e sugli enti di previdenza.
Tra tutti questi tagli le "misure sul pubblico impiego" ( non meglio specificate) dovrebbero contribuire alla riduzione dell'indebitamento netto per l'ammontare di 376 milioni di euro nel triennio 2016/2018 e le altre misure raggruppate nella voce " ALTRO" raggiungerebbero la cifra di 1.301 milioni di Euro. Cosa c'è dietro queste voci? Si tratta di ulteriori risparmi dovuti alla futura applicazione dei decreti delegati della riforma Madia? Non è dato saperlo, il DEF non chiarisce l'enigma, aspetteremo i decreti. Particolare rilevanza per la revisione della spesa viene attribuita al programma di riforma di alcuni settori delle amministrazioni centrali. Aspettiamo i decreti delegati della riforma Madia per avere un più compiuto giudizio sull'impianto riformatore, ma certo, non è con l'inasprimento del blocco del turn-over ( 25 % dei risparmi derivanti dalle cessazioni) o la riduzione del trattamento economico accessorio che si risolvono gli sprechi e si migliora la qualità del servizio pubblico.
La riforma di importanti Corpi di polizia, come quello forestale fa parte della stessa visione limitata: invece di procedere ad una ragionevole riqualificazione del personale e ad una maggiore dotazione tecnologica, si preferisce procedere ad incorporazioni poco efficaci e senza alcun vantaggio in termini di servizio.
Anche la riforma del Ministero della difesa con la riduzione degli assetti delle forze armate, la piena operatività dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, e di quella per la coesione territoriale, la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia attraverso il rafforzamento dell'Agenzia preposta, rientrano nel quadro dell'attuazione definitiva della riforma della Pubblica Amministrazione.
Capitolo a parte merita il percorso di riforma della giustizia. Nel DEF, la giustizia è inquadrata come importante fattore di stimolo al miglioramento dell'economia con un'azione riformatrice del governo che tende ad adeguarla agli standard europei. In particolare gli atti citati sulla questione del sistema giudiziario sono quelli intervenuti negli ultimi anni come il processo civile telematico e la legge 132 (contenente le misure per i 2000 provinciali, la riqualificazione del personale della giustizia, non ancora avviata, e l'ufficio per il processo) nonché la stabilità 2016. Inoltre, i provvedimenti in via di approvazione, in particolare sulla attività degli ufficiali giudiziari e sulla questione del Tribunale dei Minorenni, porteranno un peggioramento nel sistema giudiziario. La parte in cui si parla di interventi organizzativi è, a nostro avviso, carente: non si può infatti improntare la politica del personale (che nella organizzazione giudiziaria conta ancora oltre 8500 vacanze) solo sulle mobilità (che sino ad oggi sono rimaste ben sotto le aspettative) o sui tirocini formativi. Per un buon funzionamento della giustizia civile e penale ad oggi gli interventi organizzativi messi in atto sono ancora insufficienti.
Va attuato l'art. 21 quater della legge 132 sulla riqualificazione del personale, vanno
rivisti i profili professionali per un miglior funzionamento degli uffici e previste risorse aggiuntive per la valorizzazione professionale dei lavoratori della giustizia.
Alle politiche di austerità per gli enti locali già definite si affiancano le scelte nazionali di riduzione di gettito per la diminuzione della tassazione sugli immobili. I tagli alla sanità, al trasporto pubblico locale, alla raccolta dei rifiuti e il riordino delle partecipate sarebbero costate agli enti locali e territoriali oltre 25 miliardi di euro, per compensare i quali è stata aumentata la pressione fiscale nei confronti dei cittadini.
Si tratta di scelte che spostano l'attenzione e la responsabilità delle azioni economiche dal livello centrale a quello locale introducendo e non riducendo sacche di iniquità sociale.
Superficiale anche il dato del DEF che in tema di mobilità dei lavoratori pubblici si concentra sulla vicenda province: la riduzione degli organici in realtà nella maggior parte dei casi è spostamento di capitolo di spesa  il miliardo e mezzo risparmiato è un prelievo dalle casse delle province.
Nel comparto sanità Il DEF riconferma tutti i tagli già previsti nella legge di stabilità per il 2016 a cui si aggiungono i 285 milioni in meno per l'edilizia sanitaria decisi dalla conferenza Stato-Regioni che 11 febbraio del 2016 ha rideterminato il fabbisogno sanitario nazionale in 3,5 miliardi per il 2017 e in 5 miliardi a decorrere dal 2018. Restano confermati tutti i tagli previsti rispetto al Patto della Salute del luglio 2014.
Da quanto si evince dal DEF dovrebbe esserci una diminuzione costante negli anni  2016/2019 della spesa Sanitaria rispetto al Pil nazionale: 6,8% nel 2016  6,7% nel 2017  6,6% nel 2018  6,5% nel 2019.
Un Paese che riserva alla sanità meno del 7 per cento del rapporto tra ricchezza e prodotto interno lordo, riduce il Servizio Sanitario Nazionale al collasso, mettendo a rischio la sostenibilità del sistema e il rispetto dell'art. 32 della Costituzione. Tutto ciò ha anche ricadute sul sistema del privato accreditato o in convenzione e sulla tenuta dei livelli occupazionali. La sanità continua ad essere considerata solo un settore di spesa pubblica. Oggi più che mai, invece, occorre un approccio diverso affinché, da una parte, si riconosca che la sanità è un fattore di crescita economica, occupazionale e tecnologica e dall'altra, si completino e si colmino i servizi della sanità pubblica.
Nel DEF manca ogni riferimento alla previdenza, per esempio alla flessibilità in uscita e al part-time che, invece, è concesso ai lavoratori del settore privato e bisognerà vigilare sull'impatto del disegno di legge sul contrasto alla povertà ancora non del tutto scevro dal ridimensionamento dalle pensioni di reversibilità in essere.

Siamo convinti che in questo DEF, come in tutte le politiche del Governo, continui a mancare la consapevolezza che solo attraverso la ripresa di un intervento pubblico volto innanzitutto a creare direttamente lavoro sia possibile innescare processi di crescita duratura nel Paese. E' importante qualificare l'offerta di lavoro, tutta l'offerta sia pubblica che privata, con un massiccio investimento in occupazione, strutturare un nuovo sistema di governance pubblica che non si risolvi in un falso decentramento, ma nell'allocazione ottimale di funzioni, sostenibilità e responsabilità, per la produzione di beni e servizi utili socialmente (beni ambientali, beni pubblici, beni comuni, beni sociali, ecc.) che potrebbero generare in un triennio oltre 700mila nuovi occupati, tra pubblico e privato, per effetto dei nuovi settori e dei nuovi mercati indotti, riportando così il tasso di disoccupazione vicino al livello pre-crisi e aumentando la crescita del PIL. Le pubbliche amministrazioni, hanno un ruolo determinante nell'economia e di questo ruolo debbono riappropriarsi e, rinnovate e riqualificate grazie a nuova stagione di contratti collettivi nazionali, devono servire a ricostruire il senso collettivo di un Paese che vuole tornare ad investire su Welfare, lavoro, equità e giustizia sociale. E' questo il senso della protesta che abbiamo messo in campo con scioperi in tutte le Regioni. Ci mobilitiamo per far ripartire la stagione contrattuale e per far ripartire lo sviluppo e i consumi in questo Paese. 

5 commenti:

Anonimo ha detto...

SO CHE L'ASSESSORE ALLE RISORSE UMANE STA PROCEDENDO ALLA MODIFICA DEGLI ARTT. 11 E 12 DEL CCNL 2014 PER IL COMPARTO, VOI DEL SINDACATO SAPETE COSA CAMBIERA'?

Anonimo ha detto...

CCNL o del CCDI ?

Luciano Nazzaro ha detto...

Escludo che l'assessore proceda ad effettuare una modifica unilaterale del contratto decentrato, anche perché ciò è tecnicamente impossibile senza aver preventivamente aperto una fase contrattuale con le Organizzazioni sindacali.
E a noi non è pervenuta nessuna richiesta in tal senso.
A meno che non ti riferisci a piccole modifiche che abbiamo già approvato nell'ultima delegazione trattante ma di cui si è già data informazione con relativo comunicato.

Anonimo ha detto...

Grazie Luciano,
ottimo risultato quello della modifica dell'organizzazione dell'orario di lavoro.
Immagino che ora si debba mettere mano a SIGREP per modificarlo; vi hanno già dato una stima dei tempi ?
quando diventeranno effettive queste modifiche dell'orario ?

LUCIANO NAZZARO ha detto...

No, purtroppo non abbiamo ancora una stima sui tempi di attuazione delle modifiche al sistema informatico, anche perché chi ha competenza su questi aspetti ha fatto sapere che sono realizzabili, però non partecipa al tavolo.

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